Descanso Dominical González Castillo
di Andrea Sardi
No, non sono impazzito.
Quando Paolo mi ha detto: “Il tema di luglio è il relax”… “Il relax?”, mi son detto perplesso.
Poi ho tradotto: descanso! E si sono accese mille lampadine.
CAFE’ DOMINGUEZ – LA RUBRICA – La prima è quella che mi ha portato scegliere il titolo per questa chiaccherata, ricordando una intervista rilasciata da Cátulo Castillo a Julio Ardiles Gray, il cui testo integrale in spagnolo potrete trovare su www.todotango.com.
Il padre del grande autore era un fervente anarchico e quando si recò all’anagrafe per dichiarare la nascita del figlio, chiese di chiamarlo proprio così: Descanso Dominical (Riposo delle Domenica). E non perché fosse anche lui impazzito, ma per celebrare la recente conquista da parte della classe operaia: poter riposare la domenica. Ci mancò poco, nella discussione che seguì al rifiuto da parte dell’impiegato comunale, che venissero alle mani. Poi, persuaso dagli amici, il signor Castillo decise di chiamare il figlio Ovidio Cátulo. Non poteva che diventare un poeta.
Ma cos’è il descanso per il tango? Inizia a raccontartelo “Buscándote” [Tango 1941, Música y letra : Scalise]: “Vagare… con la fatica del mio eterno andare, tristezza amara d’esser solo, gran desiderio di tornare. Saprai… che per la vita ho cercato te, mi son destato dai miei sogni senza amore, e li ho lasciati in qualche crocevia. Ho affrettato i miei passi, con la speranza di incontrarti, ho unito strade, percorso miglia e miglia. Dopo, che tra le tue braccia avrò riposato, tornerò a camminare, se lo vuoi, per la mia strada d’un tempo […]”
“Después que entre tus brazos pueda descansar….”
Mio padre era un comandante e mi raccontava che, a volte, stormi di uccelli migratori si posavano sulle alberature della nave, a cercare un descanso nel loro viaggio. E a te è mai capitato di sentire la fatica di questo viaggio terreno? A volte, smarrito, stanco di lottare, di sperare, di credere in ciò che ancora non s’è manifestato, stanco delle disillusioni, non hai anelato un abbraccio che t’accogliesse, dove sciogliere tutta la tua stanchezza interiore, dove rinfrancarti, dove ritrovare l’energia per tornare a sperare e riprendere il tuo cammino?
Che sia l’amore finalmente raggiunto, che sia il sollievo d’un momento, come accadeva agli immigrati iin Argentina, all’inizio del secolo scorso, così come racconta “A media luz” [Tango 1924, Musica: Edgardo Donato, Letra: Carlos Lenzi], non importa.
“Corrientes 348, secondo piano, ascensore. Non ci sono portieri o vicini. Dentro, cocktail e amore […] C’è di tutto in casa: cuscini e divani; cibo e cocaina come in farmacia; tappeti che non fanno rumore e una tavola apparecchiata per l’amore […]”.
Trvar rifugio, fermarsi.
Fermare per un attimo l’ansia che vibra nel tuo cuore, l’angoscia, lo smarrimento.
“Se questo è amore/ io non so. /Ma lascia che resti/ ancora un poco/ giocando/ con l’ombre e con la luce/ che perdono i pensieri/ sul tuo viso/ Lascia che sgorghi/ il tuo sorriso/ a incantare/ i miei gesti/ Lascia che resti” (Mareee, 1984). La scrissi anni fa. E neanche conoscevo il tango.
Allora? Non sono io ad aver anticipato questo incontro: è il tango che legge nel cuore d’ognuno di noi!
Pensaci bene, come dice quel tango …
“Non ti sto chiedendo spiegazioni/ Non mi piacciono le scenate,/ Stai dicendo che mi lascerai?/ Vai, che cosa vuoi che faccia./ Se è certo che devi andare via/ Mi causerà molto dolore/ Ma preferisco questa franchezza/ Ad un ignobile proseguire./ Non mi spiego per quale motivo/ Hai deciso di fare questo passo,/ Se proprio ieri mi hai giurato:/ “Sei il padrone del mio amore.”/ La povertà ti ha stancato, forse?/ Non mi ami più?/ O hai trovato qualcuno che ti ama/ Con più affetto e più fervore./ Pensaci bene/ Prima di fare questo passo,/ Che chissà domani forse/ Non puoi tornare indietro./ Pensaci bene Visto che ti ho amato così tanto,/ E tu l’hai dimenticato/ Forse per un altro amore./ Ti ringrazio per i momenti/ Più felici della mia vita,/ So che hai portato/ La luce nella mia solitudine./ Già smarrito sono corso incontro a te/ A riposare tra le tue braccia,/ E le mie notti angoscianti/ Con la tua pace, le ho cancellate./ È per questo che ti imploro/ In ginocchio: “Non andare.”/ Più che mai io ho bisogno/ delle carezze del tuo amore./ Ascoltami… ti prego/…./ Non andare! Ricordati/ Che hai giurato su Dio.” [Pensalo bien, Tango, Música: Juan José Visciglio, Letra: Luis Alberto López]
Sì, l’ho tradotto quasi tutto. Ma con che cuore posso “tagliare” un testo di tango?
Già smarrito sono corso incontro a te/ A riposare tra le tue braccia.
Comprendi Donna, cosa sei per me, Uomo? Comprendi il potere che hai? Allora, se lo comprendi, cerca di usare questo enorme potere con cura. Specie con un uomo che, come me, ha percorso così tanta strada.
“Resto, con il cuore spezzato,/ [….] Notti e ancora notti senza riposo/ e questa inquietudine della mia anima…/ Quanti, quanti anni sono passati,/ grigi i miei capelli e la mia vita! […] / Più fragile del cristallo/era il mio amore/ vicino a te …[…] / Non tornerai mai più, lo so, lo so bene, mai più!/ Forse mi aspetterai, accanto a Dio, oltre! […] Quanti, quanti anni sono passati,/ grigi i miei capelli e la mia vita!/ Solo, sempre solo e dimenticato,/ con il mio spirito legato/ alla nostra giovinezza…” [ Cristal, Tango 1944, Music: Mariano Mores, Lyrics: José María Contursi].
Grazie per aver condiviso questo tango, amici miei!